venerdì 31 maggio 2013

Vita da lavoratrice autonoma e mamma


“Allora, puoi mandarci tutto entro le 17? Mi raccomando, siamo già in ritardo…”
“Certo, certo. Devo solo finire una parte e rileggere e…”
“Siamo d’accordo allora? Alle 17 sharp.”
Sharp.”
Questo accade alle 14. Il piano era: mettere a nanna la Porpi, accogliere festosamente i suoceri alle 16 in tempo per il suo risveglio e riuscire a mandare tutto dopo attenta rilettura per le 17 meno-qualche-minuto.
Era il piano.
Il piano mio, non quello della Porpi evidentemente.
Che alle 14 non ne voleva sapere di dormire, alle 14.10 si contorceva di pianti e grida, alle 14.20 era in braccio alla sottoscritta e cantava (lei, non io), alle 14.30 giocava con le costruzioni, alle 14.40 chiedeva “come si chiama tella signora?” “quale amore?” “tella y!” (indicava la finestra) “non lo so, forse la Madonna” “è lama donna?”, alle 15.10 finalmente crollava dopo un biberon di latte e una nenìa infinita dove Noè dopo aver fatto salire sull’arca i vari animali passava ai suppellettili della cucina (“e portava le pentole, lo schiacciapatate, il coltello da bistecca, i coperchi, le teglie, le forchette… ecc ecc”). Aò, che volete, dopo un po’ gli animali finiscono.
Alle 15.15 mi rimettevo al computer.
Alle 16 arrivavano i suoceri e facevano conversazione.
“Scusate, vi dispiace se parliamo dopo perché… sto lavorando, ho una consegna urgentissima.”
“Ah ma un altro libro?”
“Ehm, no no, tranquilli.”
“Ah no, perché lo sai che ha detto la zia del tuo libro?”
“No, che ha detto la zia?”
“Ma su, caro, lasciala stare che sta lavorando…”
“Ci metto un momento: allora, la zia ha letto il libro e ha detto… (seguivano 20 minuti di racconto)”
Alle 16.10 si svegliava una stortissima Polpetta e iniziava a palesare la sua presenza con urla e lamenti.
Alle 16.15 tentavo inutilmente di calmarla.
Alle 16.20 interveniva la suocera, causando crisi di pianto irrefrenabile.
Alle 16.30 finalmente svelato l’unico modo per calmarla: in braccio a me come un koala.
Dalle 16.30 alle 17.30 così lavoravo: Polpetta abbarbicata addosso, piangente. Computer davanti, su cui ogni tanto la sopracitata sbatteva le mani cancellando righe di testo random. Suocera a cinque centimetri che tentava di calmare la pupa a suon di “vuoi un mandarino? vuoi l’acqua? ti canto una canzone? andiamo da Winnie Pooh?”. Tv accesa con Dvd Disney. Ad un certo punto la suocera iniziava a raccontare una favola a mia figlia.
Il microclima del mio lavoro contemplava un sottofondo di: musica di dvd + favola della suocera + grida e lamenti della Porpi + commenti di disappunto del suocero.
Faceva più o meno:
eccolo là, è proprio luuui, è l’amico Winnie Poooh…
e allora Raperonzolo prese la sua lunga treccia e la gettò dal balcone, e il principe..
“lo vuoi un po’ di mandarino?”
…è tondo e peloso e lo amo perchè lui è… 
NOOOO! NOOOO! BIAAA! NO LO VOJO Y’MADDALINO! 
…quando la vide, pensò che era la ragazza più bella che avesse…
ma lasciatela lavorare, quella poraccia! non vedete che le date fastidio?
…Winnie, l’amico Winnie! Corri con me! Giochiamo insieme, dai… 
“andiamo in camera tua amore? lascia stare la mamma, dai..”
NOOOO! MAMMAMAMMAAAA! BIA NONNAAAA! MAMMAAAA! 
…mai visto in tutto il regno.
che hai del succo di frutta? magari col succo di frutta si calma…
Winnie, l’amico Winnie…sempre con te, mi troverai..
“Pronto? Non abbiamo ancora ricevuto la mail, tutto a posto?”
“Ehm, sì, adesso mando, subito. Solo un attimo, che…”
Cosa rispondere, esattamente? Che hai una figlia, col rischio che ti bollino come “quella inaffidabile perché ha la bambina piccola”? Che hai avuto dei contrattempi? Che vorresti disperatamente un ufficio, perché ti manca un posto che sia solo per il lavoro, dove concentrarsi, senza sentire casino continuo e vedere cartoni? Che il lavoro da freelance per certi versi è bellissimo e per altri è una maledizione? Che vorresti una ragione per vestirti bene ogni mattina e abbandonare jeans e AllStar per un po’? Che ti piacerebbe partecipare alle riunioni, vedere gente, scambiare due chiacchiere alla macchinetta del caffè? Che le persone non capiscono che farti anche solo tre domande ti deconcentra da morire? Che a parità di impegno, una che siede in un ufficio lontano qualche km è molto più rispettata di una che siede al tavolo della cucina?
E’ sempre la solita storia.
Io lo so benissimo che le donne con figli che lavorano full time fanno tre volte i miei sacrifici, gli orari sono incompatibili con la vita da genitore e vedere i figli al mattino quando si svegliano e la sera quando vanno a dormire è davvero ingiusto. Ma io continuo a mandarli, i cv alle aziende. Anche se non rispondono, anche se non concedono il part-time manco se t’ammazzi, anche se è un periodo di merda per cercare lavoro.
Perché non è tanto facile essere una freelance senza ufficio e senza orari, che a volte non esce di casa se non per fare una spesa-lampo e parla con le persone soltanto per telefono. Manca una quotidianità che ti definisce in una dimensione che sia oltre la casa, oltre la famiglia, oltre il ruolo di genitore. Perché lavorare da casa significa che lo spazio del lavoro si fonde con gli altri, e finisci per fare tutto, sempre.
Lavori e sei mamma alle 8, come alle 15, come alle 23. Non si stacca mai.
E non ti senti e non sembri altro che “una che sta a casa”.
E gli stimoli devi andarteli a cercare, e a volte tieni le persone un po’ troppo al telefono, o scambi per chiacchierate le chat su Facebook.
Poi un giorno vedi una ex collega che ha continuato a lavorare nel settore dove eri tu, e ti rendi conto che ti stai perdendo qualcosa: hai meno prontezza nelle risposte, meno cose da raccontare, meno smalto nella conversazione.
Ti viene sete di mondo, di cose, di parole, di persone.
Non si può fare il lavoro che faccio io chiusi in casa, è incompatibile.

Fonte: testo preso con "COPIA INCOLLA" da una bravissima blogger "machedavvero.it" in con cui è facile ritrovarsi in ciò che scrive (se si fa la vita da mamma e lavoratrice indipendente)

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